L’occhio della moira – recensione
L’occhio della Moira è un urban fantasy dalle tinte noir e thriller, che mescola esoterismo, mitologia e antichi riti. Qualche giorno fa ho ospitato il suo autore, Robin Gale, per un’intervista. Oggi entriamo nel dettaglio di questa lettura con questa recensione.
La trama
In una città ai limiti del degrado e della depravazione, forze magiche e organizzazioni soprannaturali convivono tra loro in una piccola comunità, nascosta agli occhi delle persone comuni.
Fra le strade cosparse di criminalità e morte, gli studiosi della sfera paranormale si frappongono fra il male primordiale e la cieca ambizione di ciò che si nasconde fra le ombre di una metropoli oscura ed emarginata.
Agiscono in segreto, spesso spacciandosi come volgari impostori o reietti di una società corrotta fin nelle ossa, per sopperire alle tenebre che quotidianamente infieriscono dall’abisso che le ha generate.
Quando una seduta spiritica finita in tragedia apre le porte a un’entità maligna sul piano degli esseri viventi, la medium Elinor Beckett viene ingaggiata dal sensitivo Charles Volkov ad affrontare una caccia senza tregua, che vedrà la magia più sinistra mescolarsi alle paure nascoste di un passato dimenticato. Poiché il male che non deve essere nominato riposa in silenzio, nell’attesa di essere risvegliato.
“Una realtà divisa fra due mondi, uno snodo fra il piano dei vivi e quello dei morti. Lo specchio contorto di ciò che gli occhi comuni non avrebbero potuto mai cogliere a differenza della medium che in quel momento stava ammirando l’incarnazione fisica del dolore e dell’agonia di un’anima dannata, strappata dal proprio corpo dalla mano di un’entità ignota.”
La recensione
La storia è ambientata in una città in degrado, in cui gli abitanti meno abbienti si arrabattano come possono, e criminalità e organizzazioni segrete cercano di spartirsi i territori.
In questo contesto difficile e decadente ha trovato casa un’intera comunità magica di streghe, occultisti, spiritisti e commercianti di reliquie, che svolgono le loro attività nascondendosi – quanto basta – agli occhi della popolazione.
Se qualcuno in città vuole conoscere il proprio futuro attraverso una divinazione con i tarocchi, non ha che da chiedere. Se ha bisogno di volgere a proprio favore la sorte, in affari o in amore, basta trovare la persona giusta. Se le spintarelle al fato non bastano e si cerca invece un’atroce vendetta, si può fare anche quello.
Il prologo de L’Occhio della Moira vede infatti un uomo, stanco di essere sempre bistrattato, recarsi allo Shady Willow, una nota libreria esoterica, per chiedere l’aiuto di una medium, avvezza ai rituali di magia nera. Ma qualcosa va storto e la seduta sfocia in un duplice, brutale omicidio, ad opera di un’entità maligna sconosciuta, che si ritrova a piede libero nel mondo degli uomini.
La medium Elinor Beckett e il sensitivo Charles Volkov vengono coinvolti nelle indagini: è di vitale importanza scoprire di che entità si tratta e, soprattutto, rispedirla da dove proviene, prima che faccia altri danni.
L’ambientazione de L’occhio della Moira è originale e molto interessante. Il contesto urbano consente di mescolare modernità e antichità, dando realismo all’intera vicenda. Realismo accentuato dal fatto che, seppur di magia si parli in questo libro, essa è intesa nel senso più tradizionale del termine. Niente palle di fuoco o formule in lingue inventate, quindi, bensì reali pratiche esoteriche che Robin ha studiato e approfondito. Certo, l’elemento immaginifico e fantastico c’è, specialmente in alcune – apprezzabili – soluzioni trovate dall’autore, ma affonda le radici in qualcosa di storicamente e tradizionalmente acclarato.
Altro bacino di ispirazione al quale l’autore attinge a piene mani è quello mitologico. Numerosi sono i richiami alla mitologia greca – a partire dal titolo -, ma non solo. Ne L’occhio della Moira ci sono tradizioni vuduiste e, tra le varie, spicca una figura d’eccezione: Baron Samedi.
Ho trovato molto interessante il concetto di Purgatorio, o Oltretomba: un luogo di transizione per le anime trapassate. Alcune anime, specie quelle che sono andate incontro a una fine improvvisa o violenta, o che hanno affari rimasti in sospeso sulla Terra, vivono il Purgatorio come una sorta di prigione, capace di alimentare rimorso, rabbia e dolore, che vengono poi sfogati sui vivi.
Alcuni medium specializzati sono gli unici in grado di vedere queste anime e di neutralizzarle, scongiurando la loro minaccia. Elinor Beckett, protagonista del romanzo, appartiene a questa categoria e viene pertanto chiamata Occhio della Moira.
Ho trovato le caratterizzazioni dei personaggi – soprattutto i principali – piuttosto precise e tradizionali. Tra tutte, la più interessante è proprio quella di Elinor: una donna dai modi spicci, a volte sboccati, medium dalle grandi capacità, che però hanno richiesto un sacrificio terribile.
La trama de L’occhio della Moira si svolge su due fronti: da una parte c’è l’indagine relativa al massacro dello Shady Willow e alle entità maligne liberate sulla Terra, fatta di segreti taciuti, doppi giochi, e interessi confliggenti. Dall’altra c’è una lenta discesa nel passato di Elinor, che si fa tanto più profonda quanto più l’indagine principale avanza.
Ho trovato tutto convincente e interessante: le vicende si snodano con i tempi giusti, seguendo un ritmo incalzante che mi ha tenuta incollata alle pagine. Le note thriller funzionano bene, mantengono alta la tensione e fanno venire voglia di avanzare nella lettura.
Sono riuscita a svelare un paio di snodi di trama poco prima del colpo di scena, ma non per questo l’effetto è stato meno apprezzabile. L’impianto generale resta robusto e ben fatto, anzi ha alimentato questa sorta di sfida con me stessa volta a scoprire i segreti dei personaggi prima che fossero rivelati.
Quello che rimane ammantato di mistero fino all’ultimo è il passato di Elinor, a mio avviso l’altro grande elemento di forza di questo libro, al pari dell’ambientazione. Man mano che si prosegue nella lettura, si aprono finestre sul vissuto della protagonista che chiariscono alcune vicende oscure, spiegano le scelte di Elinor e anche alcune abitudini – dettagli che Robin ha curato con grande attenzione, e che io ho apprezzato molto. Il passato si intreccia al presente, mentre l’intera vicenda acquista crescente tridimensionalità, e il lettore si sente sempre più coinvolto.
Ultima nota, lo stile dell’autore. Il modo di scrivere di Robin è elegante, scorrevole; evoca cortine di fumo, pellicole in bianco e nero, atmosfere vintage, odore di tabacco.
L’occhio della Moira è un romanzo piacevole, che scorre bene, intriga e affascina. Spero davvero che le vicende di Elinor Beckett avranno un seguito, perché non vedo l’ora di rituffarmi nel suo mondo.
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