Intervista a Franz Palermo, autore de La Morte degli Dei
Esce oggi “La Morte degli Dei: Il dito sulla corda“, un romanzo fantasy mitologico che ho avuto l’opportunità di leggerlo in anteprima. In attesa di pubblicare la mia recensione del libro, ho il piacere oggi di ospitare l’autore per una chiacchierata. Senza ulteriori indugi, partiamo con l’intervista a Franz Palermo!
Ciao Franz e benvenuto!
Partiamo dall’inizio. “La Morte degli Dei – Il dito sulla corda” è il primo libro di una saga. Vuoi raccontarci brevemente di cosa parla e in che genere è catalogabile?
Anzitutto è meglio parlare di “duologia” anziché di “saga”, perché poi i lettori si spaventano (e hanno anche ragione da vendere, con tutte le saghe in sospeso che affollano il panorama editoriale).
Allora, senza alcun dubbio parliamo di Fantasy Mitologico, ma è ambientato ai giorni nostri e prevalentemente nelle città, quindi è Urban? E poi tutti i personaggi si muovono di continuo nelle sfumature tra Bene e Male, quindi sarebbe… Grimdark, giusto? E c’è anche una storia romantica, quindi è un Romance? Ah, senza dimenticare la caratterizzazione psicologica, che proprio non so dove piazzare.
La verità è che i generi, come dice gente molto più preparata di me, servono soltanto per dire ai librai dove collocare i titoli sullo scaffale. Voglio approfittare di quest’occasione solo per dire che una storia di questo genere potrebbe essere varia tanto quant’è vario il mondo.
In breve, alcune divinità mitologiche si incarnano ai giorni nostri in corpi mortali e si danno battaglia per una questione che sembra averle coinvolte a livello molto personale, ciascuna al comando di una Belva, ovvero un animale antropomorfo che può diventare gigantesco ed eseguire vari miracoli, tra i fulmini mortali, le piogge nel deserto, le palle di fuoco degne di ogni fantasy che si rispetti, le guarigioni e così via.
La varietà è proprio qui, credo: gli dèi mitologici sono ben definiti, sono archetipi. Tutti sappiamo che il greco Dioniso è un ubriacone, l’egizio Seth è un maligno, il norreno Loki è un ingannatore, okay, certe cose non cambiano mai in nessuna storia, ma che succede se metti uno di questi archetipi in una persona comune, magari persino ignara di essere una divinità immortale? Una persona con dei dubbi, delle paure e tanti sogni come li abbiamo tutti noi, che forse non è nemmeno mai stata credente e può scegliere se accettare o meno di essere un dio. Come sarebbe vedere gente inchinarsi al tuo cospetto per un’adorazione o un sacrificio? Secondo me è una cosa da dare di matto e, per questa ragione, la considero anche molto divertente.
Ho cercato di immaginare protagonisti in una consapevolezza crescente di sé, talvolta in lotta per rimanere gli individui che ricordano di essere sempre stati, ovvero degli esseri umani comuni, ma sempre più schiacciati dalla mostruosità che può essere un dio dentro il tuo corpo, che con la sua natura archetipica è lì a condizionare tutto quello che hai sempre creduto essere soltanto il tuo carattere.
C’è una scena in cui un personaggio alza la voce per una ragione e finisce per produrre un timbro divino che lo spaventa. La prima cosa che fa d’istinto è tapparsi la bocca con le mani. Mi piace affrontare filosoficamente questo contrasto tra divinità e umanità e la mia simpatia va a quest’ultima senza ombra di dubbio, perché trovo che l’imperfezione sia molto più seducente.
Quindi, giusto per chiudere il cerchio di questa lunga risposta, definirei “La Morte degli Dèi” un Fantasy Mitologico soltanto perché le storie più belle della mitologia sono quelle in cui gli esseri umani agiscono. L’Odissea è l’esempio per antonomasia, in questo senso.
Vorrei che questo romanzo fosse letto come una parabola sull’umanità, in un certo senso.
L’elemento mitologico è molto importante nel tuo libro: Gabrielle e Claud, i tuoi protagonisti, sono in realtà due divinità, e anche i loro nemici hanno una natura divina. Come ti è venuta l’idea di attingere alla mitologia?
La mitologia mi appassiona da quando ho imparato ad approcciarmi alle storie, mi affascina, ma non sono un esperto, sia chiaro. In verità, l’ispirazione primaria di questo romanzo è in un videogioco del 2001 che, per usare un termine tecnico, mi ha “rincoglionito come niente e nessuno mai”. Si chiama “Black & White” ed è un simulatore di divinità in piena regola. Ho voluto rendere tributo ad alcune sue meccaniche, principalmente per quanto riguarda le Belve araldi degli dèi e il sistema magico basato sui segni, ma l’omaggio termina qui perché davvero, quel gioco aveva un accenno di storia che non si sarebbe neanche mai prestata a un romanzo, cosa di cui sono stato molto grato perché mi ha permesso di ricamare intorno ai temi che sono importanti per me.
Ho una clip di una live del 2021 in cui il mio maestro, Livio Gambarini, mi dà pubblicamente del pazzo quando legge che ho in mente di scrivere un romanzo ispirato a “Black & White”. Sono felice di aver dimostrato che è possibile, se non altro.
Quindi, per rispondere davvero alla tua domanda, la mitologia trova posto attorno al concept di divinità X e Y che diventano mortali e si aizzano contro queste Belve gigantesche. A quel punto potevo anche inventare nuovi dèi di sana pianta, ma volevo che questa storia fosse ambientata nel nostro mondo e di pantheon variegati ne abbiamo tantissimi, c’era solo da scegliere l’archetipo migliore da indossare sul carattere di ogni singolo personaggio.
Paradossalmente, quella della protagonista è stata l’ultima divinità mitologica che sono riuscito a individuare.
La cosa che più mi ha colpito durante la lettura è che, al fianco di mitologie più note come quella greca ed egizia, hai dato spazio ad altre meno conosciute, ad esempio quella azteca e babilonese. Conoscevi già questi pantheon, o li hai approfonditi appositamente per il libro?
Naturalmente, la mitologia greca è quella che mi è più nota, subito seguita da quella egizia. Del resto, sono europeo. Ne so poco e niente di babilonese, ho dovuto indagare per delineare il personaggio in questione; per cose, tra l’altro, che emergono per la maggior parte nel secondo libro, quindi non potrò dare sfoggio di nozionistica prima del 2023.
La vera sfida, invece, è stata per l’appunto fare un salto tra le civiltà precolombiane, tra gli aztechi. Non sapevo proprio nulla oltre ai soliti luoghi comuni di sacrifici umani e cuori strappati per il sorgere del sole e bla bla bla. In parte, la sfida riguardava anche la necessità di trovare figure che avessero nomi vagamente pronunciabili per noi lettori italiani.
L’antica lingua degli aztechi ha parole e nomi che sono accozzaglie di consonanti da annodarsi la lingua e scegliere un nominativo eccessivamente complicato, da dover scrivere centinaia di volte tra le pagine, equivaleva a darsi una martellata sull’alluce inneggiando il demonio.
È facilissimo sottovalutare le questioni linguistiche se non hai quel minimo di esperienza, soprattutto quando hai a che fare con termini di altre culture. Mi sono imbattuto in decine di Fantasy di autori esordienti che sottovalutano completamente quest’aspetto, con incipit fitti di vocaboli inventati, pieni di accenti strani e roba del genere. Scoraggia tanto. Per fortuna, perché è stato davvero un caso, la divinità che ho scelto da ricalcare addosso al personaggio della mia storia ha un nome che risulta ostico soltanto per un po’, in effetti credo sia il più semplice in assoluto di tutto il culto. È una figura perfetta per la storia che volevo raccontare, ma non la conoscevo per nulla quando ideai il romanzo. Sarei quasi portato a credere d’essere stato ispirato da un intervento ultraterreno!
È una divinità molto particolare, per nulla scontata e così attinente al personaggio che, nel momento della sua rivelazione, sarei lieto di suscitare almeno un po’ di stupore tra i miei lettori. Anche se preferirei le risate isteriche, ma non sono così pretenzioso.
Quanto è stato impegnativo lo studio della mitologia per poter scrivere “La Morte degli Dei”? C’è, tra quelli che hai approfondito, un mito che preferisci sugli altri? O un pantheon favorito?
Lo studio non è stato impegnativo, anzi, vado fiero per il fatto di aver inquadrato così bene i personaggi e le loro controparti divine che la documentazione non faceva altro che fornirmi nuovi spunti da incastrare perfettamente nella trama.
Per il resto, va detto che questo libro non è un trattato mitologico e la storia ha ben altri punti d’interesse. Mi piace citare “American Gods” di Neil Gaiman per dare un esempio del grado di approfondimento che un lettore dovrebbe aspettarsi di trovare: è divertente, è parte strutturale della trama, ma non è didattico, non sono nessuno per poter insegnare queste cose. E, come ho già detto, ci sono altre tematiche che vorrei restassero nel cuore dei lettori.
Per questa ragione, non mi sento di avere un pantheon favorito. Ogni mitologia ha un carattere proprio e una voce riconoscibile e sono tutte intriganti a modo loro.
Un mito che mi ha colpito in maniera particolare, invece, viene citato solo di sfuggita in questo primo libro e riguarda la psicostasia egizia, ovvero quella cerimonia in cui Anubi pone l’anima del defunto su un piatto di una bilancia. È un giudizio, perché se l’anima è pura peserà meno di una piuma e guadagnerà un lieto aldilà, altrimenti sarà divorata da un mostro e andrà incontro all’oblio.
Ho voluto citare la psicostasia perché è un tema centrale de “La Morte degli Dei”, ma si rivelerà soltanto nel secondo e ultimo libro.
Un altro elemento che ho adorato sono le antagoniste, Alyssa, Hilary e Melissa. Ho trovato che la loro natura divina sia espressa molto bene e che, tra tutti, siano forse i personaggi più vividi. Hai qualche aneddoto da raccontare sulla loro creazione o sul tuo rapporto con loro durante la stesura del romanzo?
Io mi diverto troppo a lasciarmi ispirare da persone che conosco per creare i miei personaggi, è un’abitudine che i formatori di narratologia sconsigliano fortemente perché trascina con sé una valanga di problemi, primo fra tutti il fatto che i personaggi non sembreranno mai vividi e credibili agli occhi di un lettore quanto lo sono ai miei. Per fortuna, la tua domanda mi ha appena confermato che sono riuscito a evitare certe complicazioni.
Alyssa ha le sembianze e parte del carattere di una delle mie migliori amiche, è una ragazza bellissima e non è neanche la prima volta che le chiedo il permesso per piazzarla in qualche mia storia, cosa che sembra divertirla alquanto.
C’è un aneddoto che sarebbe divertente raccontare riguardo Hilary e Melissa, ma la loro creazione gira intorno a una vicenda molto personale che riguarda anche una persona che ho frequentato in passato. È solo per rispetto verso questa persona che preferisco non divulgare questo splendido stralcio trash da telenovela spagnola di bassa lega che mi ostino a chiamare “La vita di Franz Palermo”, ma sono sempre pronto a lasciarmi offrire da bere sino all’eccesso in cambio di informazioni sfiziose.
Ah, se proprio vogliamo concludere in bellezza, la mia amica che ha ispirato Alyssa ha lottato sino all’ultimo per trasformare il suo personaggio in un agglomerato di glitter, arcobaleni e unicorni. Lei è una ragazza meravigliosa e ha un cuore immenso, davvero, persino al netto di queste passioni da psicopatica. Sono riuscito a tenerla buona dandole un cavallo, anche se detta così potrebbe suonare male.
E in ultimo, prima di salutarci. A chi consiglieresti il tuo libro?
Be’, di sicuro lo sconsiglierei agli amanti di glitter, arcobaleni e unicorni!
Allora, l’esperienza con i beta-lettori e con i blogger in anteprima mi ha confermato che “La Morte degli Dèi” è una storia capace di agguantare una moltitudine inverosimile di lettori. Di sicuro, tutti gli appassionati di mitologia potrebbero adorarlo, ma come dicevo all’inizio non c’è solo quello. Ci sono gli animali che faranno tanto sorridere, c’è una strega, c’è un cavaliere, c’è un rabbino eretico, un’enorme partita di Risiko per il mondo intero e, nel mezzo, relazioni, lotte interiori, un po’ di scene piccanti…
Non voglio dire che questo romanzo sia adatto a chiunque, sarebbe un’ingenuità soltanto inferiore alla presunzione che manifesterei. Invece, credo che sia una storia perfetta per tutti i lettori che amino immergersi negli abissi della mente umana.
La mia editor, Sara Simoni, l’ha definito “Un Percy Jackson mooooolto Adult”. Io non ho mai letto Percy Jackson e ho un’idea meno che vaga sulla sua trama, quindi non so quanto la sua diagnosi possa essere attinente.
A dire il vero, almeno nel mio cuore, “La Morte degli Dei” è semplicemente un Dark Fantasy. Ed è “Dark” nell’accezione classica, priva di quelle eredità cinematografiche che ti lasciano immaginare soltanto i pentacoli, i sacrifici di sangue e i patti diabolici. Quello non è Dark, è solo apparenza.
Tutta la mia produzione sarà sempre incentrata sull’oscurità della mente. Io lo so bene quanta tenebra possa corroderci da dentro e quanto sia difficile venirne fuori. Era la “selva oscura” di Dante, era la prigionia di Edmond Dantès e oggi, nel mio piccolo e secondo la mia declinazione, sono i dubbi e le paure di Gabrielle e Claud.
I lettori adatti per questa storia sono quelli che sapranno riconoscersi in una vita priva di significato. Vorrei cercare di dare una risposta, alla fine della storia.
Si conclude così questa intervista a Franz Palermo. Scopri La Morte degli Dei su Amazon!
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