Le Vetrnætr e l’inizio dell’inverno nordico: tra storia, mito e memoria
Quando l’estate scivola via, sostituita dai primi freddi, quando il vento sussurra tra i rami spogli e le ombre si allungano prima che il sole tramonti, gli antichi popoli nordici conoscevano un tempo di soglia, un ponte tra la produttività della bella stagione e la severità dell’inverno.
Le Vetrnætr, “le notti d’inverno”, erano le notti che segnavano il termine di Haustmánuðr, il mese autunnale, e l’inizio dell’inverno vero e proprio. Intorno a metà ottobre le comunità tenevano riti per salutare l’estate, per ringraziare gli dèi e gli spiriti che avevano donato il raccolto e per chiedere protezione nei mesi più duri dell’anno.
Le fonti attestano vari blót, ossia sacrifici in onore degli dèi e degli spiriti, che venivano celebrati in questo periodo dell’anno:
- Haustblót: banchetti e sacrifici comunitari, ringraziamenti per il raccolto, preparazione dei foraggi per gli animali e delle provviste per l’inverno.
- Dísablót: un sacrificio collettivo dedicato alle dísir, figure femminili protettrici, dee e antenate.
- Álfablót: sacrifici privati, casalinghi, sacri nella loro riservatezza. Gli álfar, gli elfi, erano collegati alla fertilità e alla terra, ma erano anche in contatto con i defunti e con gli dèi.

Non esiste, però, un consenso unanime tra le fonti: alcune di esse, ad esempio, collocano il Dísablót sul finire dell’inverno.
La mancanza di univocità delle fonti deriva dal fatto che la maggior parte di esse provengono da testi redatti molti secoli dopo l’epoca in cui queste usanze venivano effettivamente praticate. Si tratta in gran parte di saghe e cronache islandesi o norvegesi del XIII e XIV secolo, scritte in un mondo ormai cristianizzato, dove la memoria del passato pagano sopravviveva filtrata da nuove sensibilità religiose e culturali. È naturale, dunque, che in questi racconti si percepiscano sfumature di reinterpretazione, o tentativi di conciliare la vecchia fede con la nuova.
Inoltre bisogna tenere conto del fatto che il calendario dei popoli nordici era lunare e soggetto a variazioni locali, seguiva il ritmo mutevole delle stagioni, delle fasi lunari e della vita agricola. Le celebrazioni non avevano una data fissa, ma si adattavano ai cicli naturali e alle necessità della comunità: i raccolti, il bestiame, le condizioni del clima. Cercare oggi di tradurre questi momenti in un calendario moderno significa, più che tramandare una certezza, compiere un atto di ricostruzione.
Va poi ricordato che le pratiche non erano mai del tutto uniformi. L’Islanda, la Norvegia e la Svezia, pur condividendo una base culturale comune, presentavano differenze significative nei rituali e nei tempi delle celebrazioni. Il clima, le abitudini locali, le tradizioni familiari e i diversi ruoli all’interno delle comunità influenzavano la forma che i riti assumevano di volta in volta. Le Vetrnætr, come molte festività del mondo nordico, non erano dunque un evento unico e codificato, ma un mosaico di gesti e significati che mutavano con la terra e con il tempo.
Tra le fonti disponibili, comunque, si ricorda la Saga di Gísli Súrsson, in cui si fa riferimento una festa autunnale che veniva celebrata nelle notti d’inverno per dare il benvenuto alla stagione più rigida. Durante questa festa, veniva dedicato un blót a Freyr.
“Þórgrímr ætlaði at hafa haustboð at vetrnóttum ok fagna vetri ok blóta Frey …” (Gísla saga) — Þórgrímr pensava di tenere un haustboð nelle Vetrnætr, di festeggiare l’inverno e sacrificare a Freyr.
Gísla saga, Gísli Súrsson
Alcune pratiche antiche sono quasi del tutto perdute, ma altre sopravvivono e sono state reinterpretate in chiave moderna: la memoria degli antenati, il rispetto per la casa, la preparazione per l’inverno, il banchetto, la raccolta finale, le offerte, anche piccoli riti domestici.
Tradizioni antiche e moderna eredità
Ecco alcune pratiche legate a questo periodo, antiche o rinnovate:
- In Svezia e Norvegia esistono tradizioni locali legate al raccoglimento intorno al focolare, all’offerta di cibi agli antenati o agli spiriti della casa — spesso con frutta, noci, erbe provenienti dal raccolto — durante il periodo che corrisponde alle Vetrnætr. Alcune tradizioni popolari raccomandano di lasciare una sedia vuota per i propri defunti.
- Gruppi neopagani celebrano le Winter Nights come un periodo di tre giorni in cui si onorano antenati, Dísir e Álfar, si fanno offerte agli dèi, si riflette sul ciclo dell’anno, si ringrazia per il raccolto e si preparano casa e spirito per affrontare la metà oscura dell’anno.
- I fenomeni atmosferici che avvengono in questo periodo vengono interpretati dalla tradizione popolare come auspici per l’inverno: neve, freddo e lunghe notti sono il presagio di un inverno lungo e rigido.
Le Vetrnætr tra mito e memoria

Le Vetrnætr non erano solo un momento nel calendario: erano un crocevia di tempo e memoria — la soglia tra ciò che è noto e ciò che si teme, tra abbondanza e privazione, tra luce e notte. Sebbene non possiamo fissare con certezza una data unica che valga per tutte le comunità norrene antiche, le prove convergono verso un momento autunnale — attorno a metà ottobre — come soglia sacra.
Nelle tradizioni che sopravvivono, o che oggi vengono ricostruite, restano vive le radici: rispetto per la terra, memoria degli antenati, offerte, convivialità, protezione, accoglienza del rigore imminente come parte del ciclo naturale. È un invito a guardare il buio non soltanto come fine, ma come spazio di preparazione, come grembo che nutre la speranza.
Fonti e letture consigliate
- Gianna Chiesa Isnardi, Storia e cultura della Scandinavia, Bompiani, 2019
- Andreas Nordberg, Jul, disting och förkyrklig tideräkning, 2006.
- Holidays – Nordiska Asa-samfundet (Svezia). Nordiska Asa-samfundet
- Le saghe norrene: Gísla saga Súrssonar, Saga di Eyrbyggja, Laxdæla saga
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